domenica 9 maggio 2010

Cari studenti...

Cari studenti,

è dopo un’intera estate che mi ritrovo a scrivervi. Ve lo dico subito: è l’ultima volta che vi scrivo cominciando così… “cari studenti”
Questo vuol dire che non tornerò. Non dipende dalla mia né dalla vostra volontà. Queste sono le regole del gioco. E vedete, siamo stati tutti inscritti a un gioco grande, e nessuno può veramente rispondere alle nostre domande. E allora capita di restarcene con il naso all’insù senza saper che dire, impegnati soltanto a trattenere le lacrime. Succede. Fa parte delle cose della vita.
Io vorrei solo che il signor ministro Mariastella Gelmini venisse a fare un giro qui a Manziana e ci vedesse, in piazza, insieme. E non perché qualcuno ci ha obbligato. Io non sono pagato per questo, e voi non avrete voti per questo. Eppure la scuola è tutta qui: perché è la vita che è tutta qui. E io prego che voi l’abbiate capito. Abbiate capito che quello che conta è quello che siete e sarete capaci di sentire nel cuore. Abbiate capito che non ve ne deve fregare poi molto di fare strada da soli se non siete capaci di portarvi dietro quelli che sono stati più sfortunati di voi. Abbiate capito che crescere vuol dire trovare dentro di voi la capacità di dire, quando serve, chi se ne frega della grammatica, c’è qualcuno che piange. Abbiate capito che un prof lo si può anche mandare a quel paese, purché si abbia anche il coraggio e l’onestà di stare ad ascoltare la risposta. Abbiate capito che prima di tutto è necessario capire. Capire per cambiare, se le cose non vi stanno bene. Capire per amare più profondamente, quando qualcosa vi tocca nel cuore.
Che vengano, i signori ministri, con le loro calcolatrici potenti a diecimila zeri: vengano e mi spieghino, a me, al professore che tutto sa, mi dicano loro quanto devo calcolare queste lacrime nel bilancio. Mi spieghino per bene dove sono finiti i soldi, non tanto per me, ma per voi. Dov’è il vostro futuro? Io non lo so, e non so insegnarvi ad inventarvelo. Però so che dovrete inventarvelo, perché qui siamo tutti alla bancarotta, veramente. E allora spero di avervi insegnato quello che vi serve per sognare, e costruire i vostri sogni. Vi ricordate? Dobbiamo disegnare il nostro futuro, se vogliamo avere la forza di costruirlo.
Me ne vado. Non so dove, non ancora. Ma non è importante. Credetemi, quanto voi volevo restare. Come voi ho scommesso tutto su questo, e non ha funzionato. Ma vedete, penso anche una cosa: è l’ultima lezione, ma è importante anche questa. E sono fiero, nonostante tutto, di essere io a potervi mostrare com’è quando qualcosa che è stato importante finisce.
Perché nella vita si perdono tante cose. Perderete amori e amici, e mille e mille cose molto più importanti di un prof. E quando succede che qualcosa finisca, voi potete fare solo due cose.
La prima cosa è piangere. Piangere e poi piangere. Non è una cosa stupida. Voglio dire, ci sta. Ovviamente quello che avete perso vi mancherà, e fa male pensare che non ci sia più. Però è la soluzione più semplice: piangere e piangere fino a che non finiscano le lacrime. E poi, che succede? Comunque la vita ci trascina con sé, e in qualche modo si ricomincia a camminare. E allora queste lacrime?
E poi c’è la seconda soluzione possibile: considerare bene tutto il bene che quel che è stato ci ha fatto. Considerare quante cose abbiamo imparato. E pensare che sedersi a piangere, ora come ora, sarebbe come tradire tutto il coraggio e la forza che siete stati capaci di mostrarmi. Sarebbe come dire che quello che è stato non ci è servito a niente. E io invece penso che sia servito. Penso che sono orgoglioso di avervi visto crescere fin qui. Penso che sono felice se penso che qualcosa di me vivrà in voi per sempre.
Quando penso che la vostra vita, ancora agli inizi, ancora breve, è stata in qualche modo modificata dalla mia presenza, in bene o in male, che avete scoperto dentro di voi la voglia di imparare, di essere migliori, di capire e di incazzarvi, che non vi fermerete, non smetterete di guardavi intorno con curiosità, non smetterete di cercare l’amore, di innamoravi pazzamente, non smetterete di voler essere felici, cercherete di vivere tutto quello che vi capiterà con il cuore pronto ad esultare e il cervello acceso e gli occhi bene aperti, allora, quando penso a tutto questo, io sono orgoglioso di me, e so che la mia vita non è inutile.
Non sono state inutili tutte le stupidaggini che ho combinato, le lacrime che ho versato e le risate che ho fatto. E sapete che c’è? C’è che siete stati voi ad insegnarmi che questo è il mestiere più bello del mondo, perché io arrivo a scuola sorridendo, perché con voi mi ci arrabbio davvero, come si fa solo con quelle persone a cui si vuole veramente bene, perché praticamente tutto quello che abbiamo fatto l’abbiamo fatto con allegria.
E allora, se voi mi avete insegnato questo, io penso che posso andare ovunque. Posso affrontare qualsiasi cosa senza mai perdere la capacità di sorridere, posso continuare a porre regole che già so verranno trasgredite, posso alzarmi e spiegare e rispiegare e fermare tutto e ricominciare da capo, posso fare qualsiasi cosa, posso anche fare il matto, come a volte succede.
Ma dico questo non per dire che mi sento onnipotente, tutt’altro. Quello che mi avete insegnato è che si può sbagliare. Con voi ho sbagliato molte volte. Ma non conta, e lo sapete, quante volte si sbaglia: conta che poi ci si rialza in piedi e ci si rimette a camminare.
Vi ricordate quella frase di Ghandi? Prima ci deridono, poi ci combattono: alla fine noi vinciamo.
Non dovete avere paura di chi vi dice brutti, sporchi e cattivi. E’ solo un adulto che mette su una faccia dura per cercare di tirare fuori da voi il meglio. E voi tirate fuori il meglio, e smontatelo con un sorriso. Siate strafottenti, non abbiate paura. Sentitevi bellissimi e magici e forti e invincibili. Quando vi capiterà di perdere, saprete che dovrete solo aspettare la prossima volta per rifarvi.
E non dimenticate mai che la bellezza, delle parole, della musica, dell’arte, della natura, dell’amore, dell’amicizia, di tutto quello che esiste e di tutto quello che siete capaci di sognare, è una cosa capace di domare qualsiasi mostro, di stregare qualsiasi pericolo e rendere quella belva che vi insegue mansueta come un gattino.
Perché è sempre come nelle fiabe: abbiamo solo la nostra astuzia e il nostro coraggio. Ma è quello che ci basta per scoprire un principe in un rospo.
Non perdete tutto questo solo perché io sono andato via.
E quando poi pian piano mi avrete dimenticato, verrà un giorno in cui vi accorgerete che farete uno dei miei discorsi noiosi a un marmocchio dentro un bar, o correggerete un congiuntivo, o vi ricorderete una delle mie noiose poesie, e io ci sarò. E sarà bellissimo.
Perché nessuno mai può toglierci quello che è stato.
E io, a voi, vi ricorderò per sempre.
In bocca al lupo, miei marmocchi.

Spero di incontrarvi tutti a qualche concerto rockeggiante, vedervi saltare felici, ridere.
Amate la vita.
Cogliete l’attimo. 


1 commento:

  1. lei è stata una persona che ci ha insegnato molto, ma non solo la storia, la geografia l'italiano ma anche a vivere

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"e dico che una poesia si corregge con un'altra poesia, un corollario con un codicillo):" (E.Sanguineti)

E allora, cosa aspettate? Le parole chiamano parole...