mercoledì 14 luglio 2010

Un indovino mi disse, Tiziano Terzani



Tiziano Terzani

"Un indovino mi disse"

Tutti conoscono Terzani, immagino.
E ognuno si sarà fatto la sua idea. 
Butto giù solo un paio di riflessioni, anche considerato il caldo che mi opprime; anzi, la prima riflessione è proprio sul caldo. Leggete come ne parla uno che in Asia ha speso la vita, del caldo pesante che costringe dentro stanze puzzolenti con le pale dei ventilatori che girano lente a rimestare quell'aria che è oleosa, per scoprire poi che anche quel caldo ha il suo fascino, la sua importanza, e che determina, forse, quel caldo, tutto un modo di vivere e di pensare: tutto da esplorare il rapporto tra fatti culturali e clima, almeno per quel che ne so.

Riflessioni dicevo: forse è bene spendere due parole sul libro. 
La storia è semplice: un indovino predice un disastro aereo all'autore, nel 1993: un po' per gioco, un po' per precauzione scaramantica, un po' per scommessa, incomincia un anno senza aerei, che per un giornalista dovrebbe essere una limitazione decisiva. E invece, e qui è il gioco e l'interesse del libro, anche per il suo autore, diventa un anno di giornalismo magnifico, riuscendo a combinare, nonostante le difficoltà degli spostamenti via terra e mare, la presenza nei luoghi giusti al momento giusto con un modo diverso di guardarsi attorno, immergendosi nella realtà dei luoghi.
Questo è quanto, direi.
Cosa colpisce, e piace?
In primo luogo proprio quest'immersione, sempre a metà tra l'inchiesta e il diario di viaggio: e qui la riflessione la suggerisce Terzani stesso, quando parla di un mondo globalizzato (siamo, bene ricordarlo, nel 1993) in cui è possibile essere ovunque senza mai abbandonare la stessa architettura da aeroporto, centro commerciale, grande hotel, dove non ci sono odori e dove la popolazione del mondo è selezionata all'origine: peccato, ecco cosa ci ricorda questo libro, che quella popolazione selezionata, gli uomini millemiglia, siano, per quanto padroni dei destini del mondo, una ristretta minoranza. Bene, leggere questo libro è utile soprattutto a chi non viaggerà mai, per una serie di motivi, e anche a chi viaggia di centro vacanze in centro vacanze, restando ovunque prigioniero come in una Sardegna da cartolina: ovunque sempre a casa. E' utile ricordarci che troppo spesso quel che la tv non inquadra (pensateci voi se decide o meno di non inquadrare) non esiste; e ricordarci che quello che non inquadra non è solo deprimente morte per fame: sono miliardi di persone che bene o male vivono la loro vita, nelle condizioni che gli sono concesse.
Non c'è pietismo: non serve infatti.
C'è il gusto di osservare. Il gusto anche in larga parte borghese di assaggiare la vita dell'altrove, rischiando di trovare in quell'altrove povero, dove l'intrallazzo è regola, dove il dollaro apre le porte, il senso di una casa che nelle nostre città troppo spesso manca. 
Viaggiare con lentezza significa poi scoprire l'esistenza del mondo: non quello inquadrato da googlemaps, non quello che si vede nel meteo, non quello che è appeso nelle aule scolastiche: il mondo con le sue distanze, con i suoi chilometri che, a piedi, diventano improvvisamente qualcosa di spesso, di vero, di autentico com'è autentica la fatica. E nelle distanze appaiono i confini: mi ha colpito molto che esistano enormi difficoltà, anche per un giornalista occidentale, ad avere il visto "via terra": confini che non esistono per gli uomini millemiglia - il loro mondo è una scacchiera priva di umanità, in fondo - diventano drammaticamente attuali per chi si sposta sulle sue gambe, su motorini sgangherati e macchine tenute insieme col fil di ferro. E quelle stesse fontiere diventano labili quando a spostarsi è la droga, faccia nascosta della medaglia dei profitti del nostro mondo, che semina dolore per riacquistarlo, raffinato dai papaveri d'oriente.

E infine, l'ultima riflessione: nelle pagine di Terzani compare un argomento in seguito divenuto drammaticamente attuale: dopo la caduta del comunismo (sempre che possano chiamarsi comunismo gli esperimenti di economia di stato del XX secolo), larga parte del mondo si è trovata senza un'ideologia capace di conferire un senso alla propria esistenza ed al proprio agire: si sono aperti spazi di anarchia dove dilaga la legge del più forte, dove tutto si trasforma in preda per le multinazionali che invadono mondi e spazzano via tradizioni e culture millennarie con le lampade al neon e le insegne lampeggianti del libero mercato: nell'anarchia del mercato globalizzato c'è spazio solo per i pescicani armati di dollari, che tutto possono perché tutto possono comprare (ricordo di passaggio l'eccidio di Bohpal [per info clicca qui o qui]).
Bene, vecchia storia: ormai l'abbiamo sentita mille volte. Certo, fa strano sentirla spiegata così chiaramente nel 1993. Ma non finisce qui: come reagiscono le popolazioni che si sentono sradicate e invase in questo modo? In molti casi, ne parla chiaramente Terzani, rifugiandosi nell'Islam. Mi ha stupito, anche qui, trovare spiegato così chiaramente quello che è successo negli ultimi vent'anni: da una parte un mondo senza criteri se non il denaro, dall'altra un mondo che, nella misura in cui è escluso dai possibili guadagni e a cui è precluso il meraviglioso mondo del consumo, si aggrappa alle regole di una religione, vissuta come alternativa al mondo dominante.
Religione come oppio per i poveri: ironicamente proprio nei maggiori produttori di oppio.
Forse davvero la globalizzazione genera, dialetticamente, medievalizzazione: si cerca un senso alla vita nella religione, davanti al dilagare isterico del mercato, ci si raccoglie attorno alle tradizioni e infine all'irrazionale.
Irrazionale, appunto.
Non è un caso che il filo conduttore di questo libro sia poi l'investigazione del mondo degli indovini, astrologi, cartomanti, monaci e folli d'oriente.
Irrazionale, dicevo.
Ma resta sempre aperto il discorso su dove si trastulli la razionalità: in un mondo che in nome del mercato minaccia di distruggere il futuro dell'umanità o in quella parte dell'umanità che non ha smarrito i contatti con quella cultura tradizionale che conosce il ritmo della natura e, della natura, la basilare legge dell'equilibrio?

1 commento:

  1. Tiziano Terzani: giornalismo e potere
    È bello poterlo immaginare seduto con le gambe incrociate, la schiena dritta. La barba lunga e bianca, i capelli legati. I vestiti candidi, che fanno un tutt’uno con l’uomo (…)
    Per l'anniversario della scomparsa, un contributo del giornalista Nicola Lilla su Tiziano Terzani:
    Tiziano Terzani: giornalismo e potere

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"e dico che una poesia si corregge con un'altra poesia, un corollario con un codicillo):" (E.Sanguineti)

E allora, cosa aspettate? Le parole chiamano parole...