lunedì 5 luglio 2010

lezione #5

Lezione n° 5



Salvatore si avvia nella direzione opposta a quella indicata dal passeggino. 
Non appena ha attraversato la strada la macchina che era stata sollevata così gentilmente ricade nascondendo il cadavere della giovane mamma. Salvatore crede sia un tuono, e allunga il passo. 
Qualche incrocio più in giù si vede che il tram si è nuovamente bloccato. Ma Salvatore deve andare dall’altra parte, questa volta.
In fondo alla discesa è ora visibile una specie di presepe illuminato: la giornata si è fatta scura, e così quel presepe è più chiaro del giorno. Salvatore capisce che è lì che deve andare, e allunga ancora di più il passo. Ma a questo punto un signore gli si para davanti e gli parla. 



Signore_ Mi sembra che io sia tuo padre, figliuolo. 
S._ Non lo credo, ma è molto molto gentile da parte sua. Io sono Salvatore, amo le Dolomiti e ho voglia di dipingere il mare. Sto andando a comprare i miei surgelati. 
Signore_ Figlio mio, non puoi capire come siano successe così tante disgrazie. Mi sembra che siano anni interi nei quali, per quanto abbia finto di andare a lavorare, in realtà ho passato la giornata facendo su e giù per questa strada. Credo sia solo per questo che abbiamo la fortuna di incontrarci ancora: lo dobbiamo al fatto che io abbia smesso di prendere il tram. Mamma non mi sembra sappia nulla, anche se ho paura che abbia paura che la tradisca. 
S._ Lei è uno della brava gente, signore, ma io non capisco bene i suoi verbi. Abbia? Cos’è? Rabbia? Sabbia? 
Signore_ Credo fortemente che io sia Marcello, il padre tuo. Ricordo come tu sia partito quand’eri ancora in fasce: mamma riteneva che dovessi riposare di più per lavorare meglio e fare carriera, ma da quando sei partito tutti quelli che mi sembrava stessero sempre alla macchinetta del caffè sono diventati miei diretti superiori, fino a che, dopo una vita che mi sembra sia stata interamente spesa a lavorare, non mi hanno dichiarato come superato e prepensionabile. Da allora tutto mi sembra che sia un’unica giornata e che non la smetta di ripetersi: passeggio su e giù lungo questa via, faccio prima tutta la salita, poi tutta la discesa. Almeno a me sembra che venga prima la salita e poi la discesa, ma alla fine del pomeriggio credo che nessuno ne sia più ugualmente convinto. 
S._ Sto andando al supermarket, signore. E’ in fondo a questa strada. Ho fame, e cammino da lontano. 
M._ Figlio mio, mi sembra di ricordare che non molto tempo dopo che tu partisti mamma mi cucinò il gatto, al forno e con le patate, e da allora niente sembra che sia più come prima. Dove avrei dovuto trovare i soldi per i surgelati, se non ricorrendo al giro delle scommesse? Tutti credono che sia anni che vada su e giù per questo viale, e sembra sempre che io stia andando da qualche parte, sembra quasi che stia lavorando, e invece vuoi sapere il mio segreto?
S._ Lei è molto onesto, a dire così. 
M._ Io penso alle corse: tutti sono convinti che io sia in grado di indovinare tutti i vincenti delle corse giornaliere: ma non è vero. Riesco ad indovinarne solo tre. Ma con il passare degli anni ho imparato a giocare solo quei tre, e così guadagno più che lavorando, e sembra che mamma non sia mai stata così felice, non fosse per il fatto che è morta cucinandosi le gambe nel forno nuovo. Penso proprio che abbia sempre avuto freddo ai piedi da quando te ne sei andato. 
S._ Io non capisco tutto quello che dice. 
M._ Pare proprio che io abbia un mucchio di soldi, figlio. Ma tutto quello che avrei mai desiderato sarebbe stato incontrare di nuovo te. E’ evidente che uno può sopravvivere per anni fingendo di lavorare, scommettendo su tre corse di cavalli, sbucciando cipolle ogni sera e piangendo un figlio perduto e camminando su e giù per questo viale: non sai che camminare fa bene alla circolazione?
S._ Certamente. Il tram infatti è bloccato poco più su.
M._ Pare proprio che io abbia un bel po’ di soldi, figlio.
S._ E non ha paura degli assassini? 
M._ Come ti sembra possibile che io abbia paura degli assassini? Io so che sono morto.
S._ Sono dolente signore. Com’è successo? 
M._ Te lo mostro, figlio mio. Ma prendi questi soldi, non so cosa farmene. E ricordati che le persone qui sono tanto impegnate a fingere di lavorare per non ammettere che non c’è nessun bisogno di lavorare che non si accorgono che se smettessero di farlo scoprirebbero soltanto che non sanno cosa farsene di una vita in cui si cammina su e giù per una via, una via lunga come una vita.
S._ Può ripete, signore. Sono stanco, lei parla piano e io non ho capito.
M._ Scopa, figlio mio. E va’ dove desideri. Scopa e respira. Io sono stato arrapato solo una volta in vita mia, e sei nato tu, e sei subito sparito, perché dovevo dormire bene per poter prendere il tram al mattino e tornare la sera, e raccontare a tua madre come fosse andata in ufficio. Figlio mio, verranno momenti migliori, il tempo è una ruota che gira.

Dette queste parole quello che credeva di essere il padre di Salvatore lo prese per mano e lo accompagnò fino all’ingresso del parcheggio del supermarket. Lì c’era una panchina, e quell’uomo lì si sedette. Si addormentò di colpo: gli occhi si chiusero con lo stesso rumore dei cancelli automatici a fine corsa. 
In pochi attimi il corpo era diventato come un fantoccio di sabbia e regnatele.
Dal cielo arrivavano le prime gocce di pioggia: cadevano larghe sull’asfalto: formavano specchi in terra, senza colore.

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"e dico che una poesia si corregge con un'altra poesia, un corollario con un codicillo):" (E.Sanguineti)

E allora, cosa aspettate? Le parole chiamano parole...