Introduzione
Luglio 2009: Enrico Quattrin è ancora curvo a scrivere. Rapisce squarci di vita. Attimi d’amore. Desideri di bellezza. Ansia d’umori e sudori. Sorride e scrive. Scrive e divaga. Scrive in amore e canta una solitudine alta e preziosa. Colloqui composti di tenerezza e ardore che chiamano il sogno di un intimo colloquio tra un uomo e una donna. Sappiamo – e comunque presto si saprà - che Enrico nella sua scrittura impegna la traduzione delle pulsioni d’amore e rappresenta i sentimenti semplici di una relazione fatta di fisicità, idealizzandone i complessi risvolti relazionali e risolvendo le implicazioni strutturali della coppia esclusivamente in poesia.
Le sue poesie sono versioni appassionate di una visione idealmente autonoma e solitaria dell’eros: unico dono, che può fare alle migliaia di donne che affollano il suo universo onirico. Tutte essenziali e desiderabili ma nessuna indispensabile. I suoi schizzi e i suoi versi si muovono nell’intramontabile spleen romantico e la pasta poetica di cui sono fatti si compone di immediatezza e delle folgorazioni di un folle.
“dormire tra le tue dita / come bestia assopita: l’orizzonte…” questi versi, ad esempio, esprimono un elemento determinante della scrittura di Enrico e di alcuni tratti universali di un suo neo-romanticismo, quello in cui è proprio la complessa strutturazione della lirica a rendere nel modo più avvincente e convincente l’immediatezza della passione. Enrico scrive sognando l’idea della continuità del cuore e dell’alito vitale. Immagini apparentemente lontane dal suo quotidiano vivere fatto di notti insonni e raminghe e di giorni senza sole, avvolto nel buio di una stanza dove non filtra luce, nascosto nel cespuglio delle lenzuola. Vicino al paradosso luminoso dell’amicizia e alla maledizione dell’eros. La sua poesia ne è convincente emanazione.
Proprio ciò che appare immediato e gettato sulla carta è testimonianza di una costruzione fluida e razionale che segue appunto il ritmo del cuore e rispecchia l’abisso dell’anima.
Enrico ci dona il suo scrivere come se questo fosse il germinare della spontaneità ma quando le parole si costruiscono in versi e i versi si strutturano in poesia nel mutuo rapporto chi legge può investirsi nello stato d’animo del poeta, così da donare alle liriche quell’impegno di pensiero che è desiderio di capire e voglia rivoluzionaria di superare l’abiezione attuale e l’odierna mediocrità, lontani, sempre più, da ogni slancio di poesia, di impegno e di senso.
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"e dico che una poesia si corregge con un'altra poesia, un corollario con un codicillo):" (E.Sanguineti)
E allora, cosa aspettate? Le parole chiamano parole...