Salvatore è a casa della persona che lo ospiterà per il suo soggiorno. E’ Marisa, una donna di 40 anni con i capelli cotonati. Fa la permanente due volte alla settimana. Salvatore si trova alla porta della casa: ha appena suonato il campanello. Sta aspettando, ma il campanello non sembra funzionare. Allora decide, a costo di passare per maleducato, di battere un paio di volte le sue nocche al legno della porta. Si sentono dei passi. Dal filo spezzato di luce che filtra sotto la porta si capisce che qualcuno è venuto ad aprire. La porta si spalanca di colpo.
M._ Salvatore, sei tu?
S._ Si Marisa, sono io.
M._ Ti immaginavo più vecchio. Allora, com’è andato il viaggio?
S._ Bene. E’ stato difficile trovare i bagagli all’aeroporto.
M._ Strano, di solito basta seguire la serie di Fibonacci. Ma sarai affamato e stanco. Hai fame?
S._ Un po’.
M._ Vieni, ti mostro la stanza. Puoi rilassarti un po’, intanto ti preparo qualcosa.
S._ Grazie.
Salvatore è già stanco di sforzarsi di parlare questa lingua. Si gode quindi per qualche minuto la calma della stanza silenziosa, fino a quando fuori dalla finestra non passa il treno. Non è il momento di dormire. Esce e raggiunge la porta illuminata alla fine del corridoio. Questa deve essere la cucina, pensa. Marisa è lì, ha in mano un tostapane.
M._ Volevo farti due toast, ma il tostapane non funziona.
S._ Non ho fame.
M._ Ma devi averne, e io devo offrirti qualcosa: sei appena arrivato, non voglio essere maleducata. E poi il copione dice così.
S._ Sto bene. Sei gentile.
M._ C’è un problema a filo elettrico. C’è sempre un problema al filo elettrico, in questo posto. La corrente così perde il filo e non ci capisce più niente. Poi salta la luce e si spegne la TV, e io poi non so mai se il commissario di Centrale di Polizia è ancora vivo, e il giorno dopo faccio la figura della scema, e mentre faccio la permanente non ho mai niente di carino da dire. Stai tranquillo, ora lo aggiusto.
S._ E’ una bella casa. Sto benissimo.
M._ Eh, con questo treno che passa continuamente! Se vuoi che sia sincera, così facciamo amicizia, devo dirti che questa casa è una merda, dal piano di sopra filtra l’acqua del lavello e mi fa ammuffire tutta la carta da parati, mentre dall’appartamento di sotto sale tutto il fumo della cucina e porta quest’odore di cipolle che senti. Qui tutti non fanno altro che tagliare cipolle, piangere, mangiare cipolle. Solo che quelli dell’ultimo piano ci mettono il pane grattugiato.
S._ Sono felice di essere qui: posso parlare questa bellissima lingua, e imparare.
M._ Ho smesso di imparare quand’ho finito la quarta elementare. Da allora non è accaduto praticamente nulla d’importante. Forse le sole cose importanti sono quelle che non sono avvenute: nessuno ha cercato di sposarmi, nessuno ha voluto mettermi incinta, nessuno mi ha mai portato un pesce appena pescato per farmelo cucinare, nessuno mi ha guardata negli occhi, nessuno mi ha mai sculacciata, nessuno ha mai riparato nulla per me, nessuno mi ha mai comprato qualcosa, nessuno mi ha mai rivolto la parola: a cosa serve imparare a parlare, dico io, se poi nessuno ha voglia di dire niente?
S._ Scusa, puoi ripetere? Non ho capito.
M._ Non ti preoccupare, adesso ti preparo un bel toast.
Così disse la signora, matura e gentile, e infilò la spina del tostapane nella presa. Non successe nulla. Nulla di importante, ma neppure nulla di non importante.
Così infilò le dita nel tostapane e i suoi capelli si drizzarono mentre lei stessa, con tutta la cucina attorno, irradiava calore e luce in quel cielo chiuso di cipolla bollita.
Una luce che non scalda ma illumina.
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"e dico che una poesia si corregge con un'altra poesia, un corollario con un codicillo):" (E.Sanguineti)
E allora, cosa aspettate? Le parole chiamano parole...