Niente notizie biografiche, tanto meno bibliografiche; niente contorno per questo pasto unico, da gustare nudo e crudo. Tutto quello che serve lo si trova nella prefazione di Enrico Testa, che è anche traduttore e curatore. Niente da aggiungere, insomma, se non: leggetelo.
Facile, come una caramella.
Diverte. Lo sguardo beffardo: pessimismo ostentato, sesso, costruzione tagliente, lapidaria talvolta (nel senso di Brecht letto da Benjamin: versi da mettere al muro): proprio come un leccalecca morso per golosità e ridotto come una caramella in frantumi taglienti.
Ma queste pastiglie qui diventano presto amare.
Uno scrittore è uno che si aggira per le feste, gli autobus, i bar, con la morte nel taschino della camicia. E' giocando col caleidoscopio della morte che nasce il bisogno di parlare e raccontare, e cantare.
La morte, quindi, non ci disturba quando leggiamo: non solo la morte messa in scena, ma anche la morte che avvertiamo dietro le quinte, la morte dell'ubi sunt e del dove saranno domani le glorie di oggi?
Tuttavia queste sono pastiglie velenose: niente arsenico per Madame Bovary.
Qui siamo costretti ad invecchiare.
E senza la filosofia del Sisifo di Camus.
Queste caramelle sono infatti medicinali.
Al di là delle provocazioni, dei giochi, del maligno sorriso, questa poesia è piena del male di vivere: non lo psicanalitico rivo strozzato montaliano, né lo spleen urbano e capitalista di tanta poesia romantica e postromantica. Il male di vivere qui è colto, con impoetica concretezza assai poco delicata, nel male reale visceralmente sentito: siamo costretti ad invecchiare.
Giusto mentre scrivo queste righe - sono al bar, si apparecchia il tramonto romano a cui mi intono con una birra rossa - un vecchietto mi ha detto: "a me ormai mi è sparito il pisello, che diamine! Va bene, magari, vivere cent'anni, ma bisognerebbe viverli bene, che cazzo!"
Sembra in effetti uscito da una di queste poesie, questo vecchietto di 82 anni qui davanti, e come loro mi dice: io ero ciò che sei, tu sarai ciò che sono.
Un incontro così fortuito non può essere una coincidenza. Se capita di incontrare al bar un personaggio uscito da una poesia, significa che questa poesia parla della vita, della concreta vita che ognuno di noi vive. E' cosa rara in poesia, purtroppo.
Qui la vecchiaia appare per quel che è: una morte vissuta da svegli.
Una fase della vita marchiata dalla malattia, una malattia che non è, qui, nulla di mostruoso o abnorme, ma il semplice decorso vitale, con la sua puzza e la sua dignità incerta. Potreste desiderare, lettori curiosi, una lunga parentesi sociologica o filosofica (Foucault) discutendo della rimozione sociale di questa fase della vita, dell'istituto ospedaliero: fatelo! E se siete maliziosi, come spero, non vi sfuggirà né un pensierino al dibattito sull'eutanasia a affini, negli ultimi anni tanto presente nelle cronache, ma non nei cervelli, e neppure un pensiero alla totale rimozione del fatto che una vita spesa a consumare prima o dopo sarà inevitabilmente una vita consumata. Soltanto che ora non posso permettermi di divagare, il sole scende precipitosamente.
Devo tirare le somme, proprio come in questa vecchiaia poetica: tempo di bilanci, ed è un bilancio in cui, da qualche parte, è stato commesso un errore, se alla fine ci si ritrova in queste stanze, in quest'edificio, non a caso titolo di una poesia.
Troppo deprimente?
Eppure ci si sente qualcosa di non prettamente anagrafico: la concretezza si sposa all'elegia e, con la pratica saggezza che abbiamo tutti, arriviamo ad ammettere: apprezzeremo questa noia quotidiana, i problemi e la fatica, quando non avremo più neppure questo.
E forse la tormentata inquieta insoddisfatta gioventù che state vivendo si illuminerà sotto lo sguardo del rimpianto.
E' questo il dono di uno sguardo poetico abbastanza sfacciato da ricordarci che:
"Quando vedo una coppia di ragazzi
e penso che lui se la scopa e che lei
prende la pillola e si mette il diaframma,
so che questo è il paradiso
che ogni vecchio ha sognato per tutta la vita."
Nessuno stoicismo da proporre.
Concludo scrivendo soltanto: divertiti e ama. (finché c'è tempo!)
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"e dico che una poesia si corregge con un'altra poesia, un corollario con un codicillo):" (E.Sanguineti)
E allora, cosa aspettate? Le parole chiamano parole...