“Agosto in città: riconosco la libertà.”
Amami devo andare
Via, via, lontano: pesco da un mazzo di carte
Le avventure da inventare. Sparse carte colorate
I sassi saltano qui e là
Da un piatto all’altro della bilancia.
Amo
gli amori
appesi alla cieca
lungo gli alberi
del paradiso
per tentare
dall’alto
di tirarmi giù
e farmi
blu.
Mai più.
Cos’è questa paura di morire
Sarai tu mio fresco
Non ascolto come mi sciolgo
Mi sto dileguando
Sublimandomi in vapore.
Scappo e fuggo e scappo
Più veloce della luce
Più rapido dei balzi
Che la luce arancione fa nel folto della foresta
Da mostri e chimere
Per non sciogliermi ogni volta che
Tutti gli alieni qui hanno gli occhi
Dolci ma è la solitudine
Semplicemente. Le persone
Si confondono
Quando sono fuse
Come acciaio.
Mi ritrovo a pensare alle tue cosce
E al resto e a sospettare che
Se tu improvvisamente le usassi su di me
Potresti lasciarmi spiaccicato
Come un moscerino sul parabrezza
Di una macchina che corre troppo veloce.
Tutto è come un ghiacciaio
Siamo reperti di tempi esauriti
Rifugi di pile esaurite
Le notti hanno barbe da campagna: inventiamo per favore
Nuovi metodi per farci del male.
Le notti hanno strade lunghe come fiumi:
tutto un guado da fare piano, insieme.
Per imparare a farlo senza ipocrisia:
Con tutta la cognizione del dolore
E le lacrime delle cose
Colate nel sangue
Da astronauti di asteroidi.
Aste le aste che aste da
Da alzare tra i paletti
Le aste un passo dopo l’altro
Graduale
Disgregazione delle cose
Disintegrazione dell’esistenza
In atomi di colore.
Hai portato la corda?
Io ho il sapone, Godot le birre.
Rubinetti aperti come vene come
Le tue gambe che fanno la circonferenza
Del pianeta. Sperduto come bambini
Disorientato come ogni persona di buon senso
Fanculo il metro
E i centigradi.
Non bastano i denti
Bastarda mescolanza di
Ibridi dolori
Non le zanne che venga allora
È l’amore una madonna nera
Il fuoco per la mia per via delle mie vene
Anima di cartapesta come la carta in fiamme
Fuori dal mio pene
Da questa insistente
Solitudine che bussa alle Tendine.
Assaggiami:
Come la prima eroina.
Come la prima rosa
La prima spina.
E in un dolore di roccia
Chiudi la mia anima
Scolpendo insegne
Per tutte quelle
Persone distratte
Che appendono
All’occorrenza
L’anima con la giacca.
Io sogno
scimmie elettriche
che si attaccano alle mie spine
come insetti alle rose: mi riposo
su un’ortensia qualunque
quando e se
capita.
E’ che tu non ci sei
Quando le mie lacrime
Si fanno pesanti
E cadono così nello spinto vuoto
Del pavimento senza
Poterti irrigare.
Strappami scudo e corazza
Per arrivare a graffiarmi
Ma hai solo tagliato via un seno
Per arrivare un giorno
Ad uccidermi con una lunga freccia
Senza alcun ritorno.
Da quando sono chiuso qui
Con quest’odore di merendine?
Sei frutta troppo matura
Per questo ho fretta di sprofondare
Nelle tue fibre.
Non ho avuto, sia chiaro,
le giuste cattive compagnie
per distruggermi amandoti.
Ma ho fatto quanto potevo per andarci vicino
E mi sono infine Acceso al fuoco limpido dei tuoi fulmini
Le tende gonfiate dal vento dei tuoi
Occhi e i tuoi passi calmo e lento D’amore maturo come le soste
Ai margini (e le note, di notte)
Di una strada per pisciare.
Appeso alle tue calze arreso
Che le mie parole luccichino
Quindi come invano versato sangue che langue sulla pingue
Foca assassina prigioniera in cantina, carina, ma dove
Abbiamo perso il cartello con gli orari?
Un pezzo viene già giù.
Cade in uno strapiombo
Blu, legato a un filo
Segna la perpendicolare
Sull’orizzonte, tutto il mio morale
È un problema di geometria
Ma quali: dimensioni
Perplessità.
Riflessioni e lacune.
Sono state intrecciate
Per questa perdita e l’incontro
Non c’è niente di peggio che essere stati
Felici
Una volta e poi non esserlo più
Per questo amo tutte le foglie
E le altrui voglie che mi sopravvivono.
Amo
l’amore
che amai
e amerò
l’amore che
mai amai. Ma
amare l’amore
sul mare è amare
amare amare ore
lunghe come tutto
l’inverno degli orsi: giù
dalle montagne: è mattino.
La freccia di fretta non indica nulla affatto
Beffato dai rivoli d’affetto aspetto
Che tu mi fiorisca addosso: possiamo
Ragionevolmente postulare che arrivi
Un giorno anche se forse sarà notte
Un omino magro e curvo a raddrizzare
Quel che non è andato ancora il grande
Riparatore pagherà tutto quello che
Noi intanto abbiamo così desiderato con
Struggimento da scioglierci
Nelle gocce di ghiaccio dei sonni
Senza sogni perché senza te
Mia vivida fontana: ma intanto Passi tardi
Com’è che si ammazza il tempo? E trovi chiuso il portone
Sono tappate le bottiglie.
Cosa importa essere stati felici?
La porta è cinica
E resta chiusa com’è giusto
Che sia.
E lo sai: non si rimedia mai
Davvero ad una buona azione.
Neppure con un diverso respiro.
Questo corpo è la cattedrale
Di nuovi riti: vernice nuova
Sulle pulsanti polpe dei deliri
E frutta. Come aprire gli occhi
Quanto mi tocchi dopo una sbornia
Dopo il sesso e i guai
Il giorno dopo l’ultima
Catastrofe. I delitti
Per appuntare le mie
Appassite idee
Alla tua persona
Alla silouette della tua
Scena
Sono ipotesi inconcluse
Tutte le volte che salta
Bionda come esplosioni
Nei campi di grano
La puntina
Per ferirmi e aprirti
Minuscole
Finestre
Con tendine di debole sangue
Merlettato negli oggetti
Negli spasimi della tua vita
Tutte le volte che si cambia
Discorso come giocare con
Una candela un marinaio muore
Dimenticando la sua nave
Affogando in questa neve.
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"e dico che una poesia si corregge con un'altra poesia, un corollario con un codicillo):" (E.Sanguineti)
E allora, cosa aspettate? Le parole chiamano parole...