lunedì 28 giugno 2010

Equilisti #13 (finale)

13.



Il più bello dei mari
 è quello che non navigammo. 
Il più bello dei nostri figli
 non è ancora cresciuto. 
I più belli dei nostri giorni 
non li abbiamo ancora vissuti.
 E quello
 che vorrei dirti di più bello
 non te l'ho ancora detto.
(N. Hikmet)



E adesso io vedo le sedie che danzano nelle aule, e i disegni appesi alle pareti che si agitano e fanno ciao ciao con le mani disegnate, e vedo le bidelle decollare sulle scope, e i bidelli bollire in brodo le quattro ossa della morte, e i bambini fare stracci del mantello nero e inventarsi bandiere di pirati, di sogni e di anarchia, e i giovani cominciare a fare l'amore con gli occhi, a una collega si gonfia la pancia e ne esce un bambino che ruba dei pastelli colorati e nascono alberi e fiumi, trote che saltano nel sole, e tutti mangiano pane tiepido, e del mondo si spreme fuori l'olio più segreto e danziamo sul filo: ci ho speso una vita per essere qui.
Qualsiasi cosa sia accaduta, fin qui, posso riviverla e non voglio cambiare niente, neppure un punto, neppure questo punto qui.
E' ora di volare via.
Lunga è l'arte, breve la vita: sbagliando si impara, e non si smette mai di imparare.

Ho vinto cucinando in me l’attesa
invincibile, perché ho appese addosso
le tue magie,
truffo il tempo con i tocchi delle tue labbra
mentre appari bella agli occhi
di chi deve imparare
a guardarti, ad amare le tue arti,
la tua rabbia di fuoco,
il tuo lesto gioco, il tuo abbandonarti
come canoa alle lente correnti.

Ho vinto mostrando a te la mia paura tra mille
di essere amato: vinto cosa non so ancora
ma sento di gettare addosso a te l’amore come
un fascio di luce che ti fa brillare,
come un secchio d’acqua nel meriggio d’estate,
come il rumore che una bolla di sapone
magicamente custodisce dentro di sé.

C’è la tristezza dell’autunno, fuori e dentro.
Dell'autunno che esiste anche in primavera,
nel cuore dell'Aprile.
Viene voglia di aspettare la prima neve
per nascondercisi dentro,
come un pazzo pupazzo.
E tu mia nave incantata,
mio specchio, dove sono insieme
bambino e vecchio,
mio incanto scorrente come la fretta del torrente,
sei la mia arma segreta, e il resto è solo uno scudo
che sono disposto a perdere, per tornare.

Volge il sole le spalle ai monti,
illuminando altre valli,
io amo pensare al momento
in cui abbiamo scelto,
quasi come non avendo scelta, abbiamo
intrecciato i capelli e le mani come traiettorie
di lontani pianeti, tenaci nell’aggrapparci
contro il vento, contro la corrente,
contro il buon senso, contro i decreti legge, contro i contratti sindacali,
contro i bonus e malus,
contro le gomme da neve,
contro gli articoli dispari del codice civile,
contro il naso e le labbra che si sbriciolano, contro la pelle che invecchia. Io e te,
a cavallo di una vecchia secchia, rapita
dalla più umile stalla, abbiamo vinto.

E ora possiamo volare e atterrare,
e nuotare e cantare
e ora io e te possiamo onestamente amare
nei corpi e nei cuori
tutto quello che abbiamo saputo sognare.

Verrà il tempo. Viene sempre.

1 commento:

"e dico che una poesia si corregge con un'altra poesia, un corollario con un codicillo):" (E.Sanguineti)

E allora, cosa aspettate? Le parole chiamano parole...