domenica 27 giugno 2010

Raymond Queneau, Pierrot amico mio

"Pierrot amico mio"

E' un giallo smontato, questo. Smontato com'è di moda smontare e ricostruire oggi, nell'epoca della ricerca della novità nel grembo fradicio dei generi commerciali. Mi fa venire in mente un altro giallo/noir nato per gioco, a dimostrazione di come si possa gettare in pasto alle regole previste anche la personale creatività d'autore: e penso, in effetti, a "Sputerò sulle vostre tombe" di Boris Vian. Qui c'è un incendio al lunapark, e il giallo di dipana a ricostruire eventi passati e lontani, indagandone le possibili implicazioni col presente. Ma il giallo è vuoto: è pieno di un vuoto filosofico contemplativo.
La cifra del libro, in modo di leggerlo, forse, è tutto racchiuso nei "filosofi" che popolano come comparse il lunapark: dediti a voyeurismo, si appagano (e pagano) dello scorcio delle coscie di qualche fanciulla. Spiare la realtà che provocata solleva la sottana: questo è un giallo. E viene in mente la scena del ritrovamento del cadavere della contessa in "Quer pasticciaccio brutto de Via Merulana" di Gadda. Insomma, intorno alla metà del secolo trascorso il giallo inteso come indagine razionale ed operazione di disvelamento vanno in crisi. Gli eroi qui sono fannulloni, personaggi che vivono di espedienti, impiegati nelle giostre del lunapark: e la storia di dipana tra pigre passeggiate mattutine e sbronze serali, incontri e seduzioni. L'indagine è sostituita dal pettegolezzo. L'inchiesta dalla ciarla.
E l'evento a monte di tutta la vicenda, la morte di un fantomatico principe poldavo, appare inconsistente: eppure non è così che vanno le cose?
Non è molto più reale questa realtà di pettegolezzi, sbronze, fancazzismo, rancori covati negli anni, fallimenti esistenziali diffusi e distribuiti a manciate, come sale e pepe, quanto basta, rispetto al giallo classico in cui l'Holmes di turno fiutando l'aria rintraccia il grimaldello che permette di dipanare la storia? 
La crisi del giallo è la crisi della storia: crisi nucleare o ideologica, sarebbe lungo discuterne. Ma di certo, assumendo che il giallo è quel genere narrativo in cui la storia è già tutta accaduta nella prima pagina (il delitto è la conclusione ultima) e le pagine successive sono la ricostruzione di quella vicenza, possiamo dire che è la possibilità stessa di ricostruire e narrare il passato che si mostra in crisi. La verità è scomparsa: e l'eroe è una maschera triste, ma della cui tristezza persino bisogna dubitare. Scoprire cosa si nasconde dietro i disastri dell'oggi può essere semplicemente un'esperienza deludente. Quel che resta è il gioco: chi si diverte qui? Si divertono i filosofi, passivi osservatori e commentatori.
E nella seconda metà del secolo trascorso, non ci siamo trasformati tutti in questo genere di filosofi, ciarlieri e contemplativi più che mai?
E ogni nostra estetica non è diventata sempre più lo sguardo gettato di sbieco sotto le gonne delle signore?
Allora forse, per ripartire, serve il gioco. Chi indaga, qui, lo fa per soldi: si tratta solo dell'ennesimo espediente.
Soldi che servono per rimorchiare la figlia del padrone, per tenersi stretta, i capezzoli a sfiorarci la pelle, una fanciulla in fiore, per ubriacarci e dimenticare ogni virtù. 
Ai filosofi nauseati dell'esistenzialismo, ai filosofi contemplativi dell'edonismo, rinfacciamo l'edonismo della filosofia, per chiuderla in formula criptica.

Nessun commento:

Posta un commento

"e dico che una poesia si corregge con un'altra poesia, un corollario con un codicillo):" (E.Sanguineti)

E allora, cosa aspettate? Le parole chiamano parole...