mercoledì 23 maggio 2012

Maggio 2012: riflessioni e sensazioni.

Chi ha ucciso i comici spaventati guerrieri? E quale guerra combattono?
Sono giorni che ci penso. Anche oggi a scuola, il solito inutile minuto di silenzio, mentre avrei voluto gridare. Gridare: guardate che siete voi. Non so ancora chi siete, da quale parte sarete messi, ma siete voi. Vi riguarda. C'era una vecchia, vecchissima temo, (obsoleta sarebbe il termine giusto) canzone che diceva: per quanto voi vi crediate assolti siete lo stesso coinvolti. Oggi non c'è stato verso di spostarvi via dalle vostre tv. E le tv vi trasformano in un film giallo. Odio i film gialli, odio le chiacchiere sul “chi è stato e perché?” Io non lo so. E vorrei ora parlarvi di Pasolini e del suo “Io so”, ripreso anche da Saviano. Ma sarebbe una lezione e io non ho voglia di fare lezione. Non è questo che mi interessa. Voglio che sia fatta giustizia, ma so anche che forse non sarà così semplice. Viviamo in un mondo ingiusto, dove di molte bombe ancora oggi non si sa chi sia stato, dove chi ha costruito case poi crollate con cemento e sabbia di mare penso stia ancora ridendo, dove la giustizia fa acqua da tutte le parti e c'è chi vince sempre, anche quando perde. E allora? Sono cinico spesso, ma non per questo non sento rabbia. Semplicemente vorrei portarvi fuori dai film e dai videogiochi. E qui non è garantito il lieto fine, gli eroi muoiono, e spesso muoiono invano, stupidamente, e spesso gli eroi successivi che vengono a scoprire perché sono morti gli eroi falliscono anche loro, o più semplicemente scarseggiano gli eroi. Meglio così. Proprio perché stiamo fuori dai film, qui gli eroi non ci servono: vi siete mai domandati quanto sia idiota Superman che corre di qui e di lì, superveloce, superforte, supersveglio, ma mai che si fermi a farsi la domanda: se la gente continua a cadere giù per le cascate, forse non è il caso di costruire un parapetto più alto, o di insegnare alla gente che non è saggio sporgersi giù da una cascata? Benissimo, ho appena detto qual è la differenza, secondo me, tra eroismo e politica. L'eroe arriva e aggiusta tutto. La gente applaude. La gente lo vota. Lui abbassa le tasse. La gente lo applaude. Penso a tutto io, tranquilli. E' un eroe, diamine. Poi comincia a dirti che siccome lui è l'eroe, lui ha ragione e tu no. E poi che è inutile tu faccia la fatica di pensare, tanto lui lo fa meglio. E poi brucia i libri o le persone, oppure ti dice: tu pensa ad andare al centro commerciale. Ma va beh, lasciamo perdere. Io diffido degli eroi. E diffido di chi si indigna, oggi. E' un po' come voi: quando vi guardo avete un atteggiamento, quando non vi guardo un altro. Oggi lo sguardo di Dio sono le telecamere: in diretta tv tutti ci tengono a far vedere quanto sono indignati, offesi, affranti, tristi e incazzati. Domani, ci saranno altri problemi a cui dedicare il proprio eroismo, e tutto resta come prima. Per questo preferirei che al minuto di silenzio seguisse il vostro pensiero. Un minuto di silenzio non è una esteriore e formale manifestazione di rispetto per la morte. Per quello ci sono le chiese, per chi ci crede, o i cimiteri. Facciamo un minuto di silenzio a scuola per darvi, per offrirvi, nel casino di vita che avete, un momento per voi. Soli con voi stessi. Sessanta secondi. Qualcuno tratterrà le risate, succede sempre. Ma è solo perché ha paura. Sono le stesse risate che fate prima di salire su una giostra particolarmente movimentate. E' l'anticipo dell'adrenalina o che so io, fatevelo spiegare da scienze. Perché stare sessanta secondi a tu per tu con voi stessi vi spaventa. E' normale. Per questo vi costringiamo a farlo. Ora io non sto dentro le vostre teste, magari avete pensato a quanto è bello quello della classe accanto, probabile. Normale. Ma vorrei che almeno nell'ultimo secondo aveste aggiunto: se è così bello, non vorrei che il mondo fosse migliore per me e per lui? Io non vorrei aspettare che Supermen venisse a costruirmi un mondo dove posso essere felice, preferirei cercare di costruirmelo attorno. E allora eccola la guerra. Da una parte abbiamo le bombe. I missili intelligenti. Più intelligenti di voi, purtroppo. Adoro Chaplin che è incapace di sparare un missile, nel film che abbiamo visto. Molti di voi avranno la stessa inoffensività, senza offesa. Ma ricordate come va avanti il film: perchè il povero barbiere ebreo si ribella alle SS? Lui non sa nulla di persecuzioni, soprusi né nient'altro. Lo fa perché deve farlo. E in questo “devo farlo” sta il segreto della dignità di cui parliamo – parlo – da qualche giorno. Da tante parti sentirete dire che questo è eroismo. Non credo. A meno di non voler considerare eroismo una mamma che dorme poco, corre molto, si agita di più, per star dietro ai suo marmocchi. O un padre che lavora un'ora in più per avere due soldi di più per i figli. O un professore che perde un po' del suo tempo per scrivere una lettera. O uno studente che legge una pagina in più perché è curioso. Nessuno di questi è un eroe. Meglio così. Sono idioti come molti. Sono comici spaventati guerrieri. Gente che sente che è in corso una lotta. Gente che confusamente si sente colpevole di quello che succede, ma non ha tempo né voglia di fermarsi per mettersi a piangere. Sono le persone che non possono piangere perché devono andare a salvare il salvabile. Persone che non compaiono in tv. Non entrano nei film. Persone noiose. Persone che fanno noiosamente il proprio dovere. Che si domandano spesso quale sia questo dovere. Ma che hanno la forza di rispondersi, e seguire la loro risposta. Persone che resistono, mi piace dire. Ma è già retorica anche questa. Persone che sanno da che parte stanno. Come e perchè? Non lo so. Ci si nasce? Forse. Ci si diventa? Forse. Io non vi dico di diventare così. Vi sto chiedendo però da mesi: domandatevi. Chi diavolo siete, voi? Perché dovrete scegliervi un posto nel mondo. E non è solo questione di disoccupazione. Dovrete scegliere quanto siete disposti a subire. Non sarete eroi, eppure ci sarà qualcosa che vi darà la forza di andare a pulire scale e ospedali di notte, per tirare avanti dignitosamente. Per sperare che i vostri figli possano avere qualcosa di diverso. Di migliore. Sarete comici, e quasi sempre vi tratteranno e vi sentirete stupidi. Inutili. Sconfitti. Sarete spaventati, perché davanti a voi ci saranno carri armati, bombe, la forza di migliaia di megafoni e voi avrete la vostra stupida voce. Il vostro sorriso però sarà quello del guerriero. Non sarete supersayan, mai. E il giorno che lo capirete dovrete scegliere. Cercherete in ogni modo di mettervi su una maschera da pirati invincibili, superduri, superfighi, invincibili, inafferrabili? Desidererete le scarpe giuste, i capelli giusti, vorrete vivere dentro i sogni giusti disegnati da altri? Dentro filmati montati da registi esperti dove il vostro sorriso e il vostro dolore saranno abilmente sottolineati dalla colonna sonora, dal primo piano, dal montaggio incrociato? Odierete le vostre rughe, le vostre mani rovinate? Vi sognerete ancora giovani e pieni di soldi, costi quel che costi? Sarete pronti a qualsiasi cosa purché qualcuno vi dica: sei un supersayan? Sarà una bugia. Ma troverete forse chi ve lo dirà, se lo pagate bene. Sceglierete di essere marziani? Quelli disposti a comprare tutti, visto che tutto è in vendita. Gente che è disposta a inquinare il pianeta, a consumarne altri due, se ne avessero, gente che seppellisce rifiuti tossici sotto i propri stessi paesi, che costruisce strade di sabbia su cui passeranno i loro stessi figli, marziani che non rispettano nulla e nessuno. Per loro tutto è veramente in vendita, visto che in qualche strano giorno di cui han perso il ricordo, hanno venduto se stessi. Non l'anima al diavolo: il corpo a qualcuno che paga bene. Sarete ricchi sognando giorno dopo giorno il sorriso che avevate da bambini? Sarete eroi con attorno pubblico in estati, pagato un tanto ad applauso? Certo, a furia di applausi, qualcuno ci cascherà davvero. Vi applaudirà. Ma non vi capirà mai. E voi, come marziani non abituati a questa atmosfera, vivrete dentro un casco di vetro, incapaci di respirare, di gustare l'odore del pane all'alba, appena sfornato. So che il paragone è impari. E penso che molti di voi diranno: posso comprarmi migliaia di panini appena sfornati. Potrei ordinare a qualcuno di sfornarmi il pane all'ora in cui mi alzo io. Ma allora non ci siamo capiti e mi spiace. L'essenziale è invisibile agli occhi. Questo ci rende guerrieri, oggi più che mai. Perché amo l'odore del pane che il fornaio ha sfornato all'alba: l'ha fatto, di notte, mentre io dormo, perché vuole guadagnare (certo, per l'abolizione del denaro ci sarà da lavorare, temo.) ma anche perché vuole che il suo pane sia buono. Perché attraverso il suo lavoro, per quanto stupido, per quanto umile, passa la sua dignità. Dignità è una parola complicata: facendo bene quel che devo fare, quel che ho scelto di fare, io sono uomo. Anche così non dice molto. Abolirei i voti, sapete? Vorrei provarci. Forse però siete ancora troppo piccoli e vi serve il mio: bravo, cattivo. Come vi sentite quando vi dico: bravo? Tra non molto non ci sarà nessuno a dirvelo. Dovrete farlo voi. Darvi un voto ogni giorno. Se sarete marziani, vi darete sempre un facile 10. E vivrete felici, non posso negarlo. Se vorrete vivere altrimenti, sarete più severi di me. La dignità è quella cosa che impedisce a un uomo di sputarsi in faccia al mattino quando si guarda allo specchio prima che il caffè lo riporti alle incombenze quotidiane. La dignità è quella cosa che vi fa rispettare più una bidella della preside. La dignità è il rispetto degli altri. Certo, vi mancheranno gli applausi. Ma quando scoprirete che non siete in grado di mandare un'onda energetica, quando capirete che anche se avete su il costume da supersayan non potrete esserlo, non per questo smetterete di comportarvi in modo tale. Diavolo, mi accorgo solo ora che sto parlando di Kung fu Panda. La pozione, ve lo ricordate? Così forse è più semplice: quando saprete che non siete gli eroi, che non avete poteri magici, che siete degli sfigati qualunque, che non c'è un pubblico attorno a voi, forse in un primo momento vi sentirete soli. Succede. Ma guardatevi attorno. Se non c'è un pubblico non vuol mica dire che siete soli, no? Anzi, un pubblico c'è: è quel qualcosa di tutti per cui state combattendo. E quando penserete: sono un povero sfigato qualunque, ho già perso, vi prego, guardate meglio. C'è qualcuno alla vostra destra e qualcuno alla vostra sinistra. Ci sarà uno che dice: “Occorre compiere fino in fondo il proprio dovere, qualunque sia il sacrificio da sopportare, costi quel che costi, perché è in ciò che sta l’essenza della dignità umana.” Quello che ha detto queste parole è stato Giovanni Falcone, saltato in aria insieme all'autostrada. Venti anni fa. E io non voglio neppure dirvi: avete visto ieri quanta gente attorno ad un albero? Non voglio dirvi ancora: le vostre idee camminano sulle nostre gambe. Vorrei, dovrei ancora darvi mille e mille informazioni, diecimila spiegazioni e qualche milione di pagine da studiare. Ma lo farete da soli, domani. Io voglio dirvi, quanta gente vedere che vive così? Attorno a voi. Quanta gente non è disposta a scambiare una cosa apparentemente inutile come la propria dignità per soldi, successo, applausi, donne, pubblico? Quanta gente non è disposta a fermarsi al bar a dire: ho perso. Avete vinto. Tutto è compito. Non ci posso fare nulla. L'onda che mi viene incontro è troppo più forte di me. Inutile è persino combattere. Perché mi sono messo a scrivere? Per dirvi che la mafia fa schifo? Non è stato per questo. E' stato perché tornando in macchina, oggi, ho pensato e ripensato al fatto che continuamente avete cercato di tornare alla logica della televisione: chi ha messo la bomba e perché? E giù ipotesi, indiscrezioni, indizi e supposizioni, pettegolezzi. Pare che non viviamo di altro che di pettegolezzi. Tornando in macchina, pensavo a queste cose e mi è venuta in mente una cosa. Chi ha messo la bomba? Io l'ho messa, tutte le volte che dico: più di così non si poteva fare; non ho voglia di spiegare per la terza volte la rivoluzione russa; due giorni liberi in più, mica male; questa cosa non è importante; non abbiamo tempo; io. E l'ha messa chi è entrato due volte a scuola per saltare una settimana di lezioni. E l'ha messa chi critica dicendo: non c'è niente da fare, la scuola fa schifo. E l'ha messa il giornalista che mette il microfono sotto il naso di una persona che soffre. E l'hanno messa i vostri genitori quando vi dicono: silenzio, sto guardando la tv. E l'hanno messa i politici quando non sanno essere degni. E l'hanno messa i terroristi di ieri oggi e domani che invece di combattere vogliono solo vincere. E l'ha messa chi è invidioso della gioventù e vorrebbe cancellare le rughe, per cancellare la vita che gli c'è voluta per farsele. E l'ha messa chi lascia correre, per questa volta. E l'ha messa chi non vuole mai ascoltare ma solo parlare. E l'ha messa chi vuole tutti gli occhi su di sé. E l'avete messa voi tutte le volte che dite: non serve a niente; che palle studiare. Essere adulti significa fare i conti con tutti i propri limiti. Questo ho pensato. Non puoi salvarli tutti. Non puoi affrontare i problemi di tutti. Devi proprio piangere, a volte. Perché è vero che l'andazzo generale delle cose è più forte di te. Perché è così facile morire, anche. Perché siamo stanchi. Pigri. Annoiati. Ma non serve a nulla piangere un giorno. Piangere serve a soffiarsi il naso: tiri fuori un bel po' dello schifo che hai dentro. Ma poi respiri. Forte. A pieni polmoni. Sei vivo. Devi rimboccarti le maniche, e scegliere. Combattere per le tue scelte. Combattere per non far scegliere altri. Combattere per imparare in base a cosa fare le tue scelte. Per questo oggi vi chiamo miei comici spaventati guerrieri. Perché in qualche modo, oggi, per voi, questo significa studiare. Non potete farci nulla: siete coinvolti. Siete parte di questo mondo. Siate terresti. Non vi servono gli applausi né le lacrime del mondo. Non vi servono i sorrisi del mondo. Forse, vi basterà il sorriso di quel ragazzo tanto carino della classe accanto. E' l'amore, che lega tutte le cose. Siatene degni. In latino, sia detto tra parentesi, studeo significa: applicarsi a, attendere a, occuparsi di, aspirare a, desiderare, parteggiare per, sostenere, dedicarsi allo studio, studiare. Per me, riassume il tutto dire: aver passione per qualcosa, cioè: amare.

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"e dico che una poesia si corregge con un'altra poesia, un corollario con un codicillo):" (E.Sanguineti)

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